IL PENSATOIO REPLICA: ENTUSIASMO E PARTECIPAZIONE

All’Odeon il 9 di novembre

IL PENSATOIO REPLICA: ENTUSIASMO E PARTECIPAZIONE

Pensatoio 2.0: la seconda edizione del Pensatoio (la prima si era svolta nel febbraio scorso) ha confermato la voglia di partecipazione e la necessità di mettersi attorno a un tavolo per progettare la città di domani. Sono stati infatti oltre 50 gli iscritti e simpatizzanti del PD che sabato 9 novembre si sono ritrovati all’Odeon per riflettere e discutere attorno ai temi che riguardano Vigevano e il territorio lomellino, la crisi in cui versano e le potenzialità che esprimono.

Cristina Malfi, ideatrice dell’evento, per offrire un’impronta meno localistica, ha invitato diversi amministratori PD ed esponenti regionali a inviare dei video-messaggi in cui hanno fornito indicazioni di lavoro e suggerimenti di buone pratiche. I problemi, visti dall’osservatorio del Consiglio Regionale, assumono una dimensione più ampia, di sistema. Non è mancato un saluto iniziale della segretaria regionale Silvia Roggiani.

Poi è toccato ai sette gruppi di lavoro, guidati da dei facilitatori, confrontarsi sulle tematiche più calde: dal lavoro ai servizi sociali e politiche giovanili, dalla sanità alla rigenerazione urbana, le infrastrutture e l’ambiente, dalla cultura e turismo alla coesione e integrazione degli stranieri. Le idee emerse sono state tante, impossibile sintetizzarle tutte.  Tra le tante osservazioni è stata messa in evidenza la presenza di tanti edifici che hanno fatto la storia di Vigevano e che oggi sono abbandonati e dismessi, anche in stato di preoccupante degrado. L’ex macello, le ex carceri, l’ex tribunale (quanti ex!), il Cascame, il Colombarone: sono solo alcuni esempi di beni per i quali nessuna amministrazione di destra è riuscita a trovare soluzioni di recupero e valorizzazione. È evidente che è mancata e manca tuttora una visione di ampio respiro della città, ma non ci si può nascondere la complessità di individuare risposte sostenibili da ogni punto di vista. Nei gruppi sono emerse alcune idee, come fare dell’ex macello un centro per l’housing sociale oppure un centro culturale polifunzionale dove si possano tenere laboratori per i giovani e performance dei gruppi artistici locali. Un altro nodo importante di cui si è discusso sono le infrastrutture e il collegamento ferroviario con l’area metropolitana, questione centrale per immaginare il futuro di Vigevano e la sua attrattività. Si è parlato del sostegno all’ipotesi dell’associazione MiMoAl di raddoppio selettivo dei binari, che potrebbe essere una soluzione concreta e con un impatto positivo sulla linea, più probabile che intervenire raddoppiando i binari nei centri di Vigevano e Abbiategrasso, ipotesi molto onerosa e complessa che richiederebbe espropri, procedure e risorse molto ingenti. Il potenziamento della rete ferroviaria avrebbe una ricaduta molto benefica anche sullo sviluppo economico e sulla possibilità di attrarre imprese, lavoratori, giovani e anche turisti. Oggi Vigevano è isolata e paga pesantemente questa realtà in termini di sviluppo del tessuto economico e sociale: le aziende chiudono o se ne vanno, la produzione e i lavoratori calano mentre aumenta il numero dei pendolari. Tutte le amministrazioni comunali degli ultimi 25 anni, né i loro referenti regionali, hanno mai trovato soluzioni per togliere la nostra città da questa situazione di abbandono e degrado.

I lavori dei tavoli proseguiranno, la strada è lunga e non priva di difficoltà. Ma in chiusura, a sorpresa, è giunta la telefonata di Elly Schlein, che ha salutato i militanti e li ha invitati a proseguire nel loro impegno, promettendo di venire a Vigevano in occasione delle prossime elezioni comunali.

Elena Gorini

IL CONSIGLIERE MARCO VASSORI CHIEDE INTERVENTI MIRATI A FAVORE DEI GIOVANI

La risposta securitaria non basta

IL CONSIGLIERE MARCO VASSORI CHIEDE INTERVENTI MIRATI A FAVORE DEI GIOVANI

L’ennesima rissa scoppiata in via Dante ha scatenato le polemiche delle opposizioni e le dichiarazioni rassicuranti del sindaco. Sono diversi negli ultimi tempi gli episodi che si sono verificati nelle vie del centro e che hanno visto come protagonisti giovani, italiani e stranieri, che sono arrivati allo scontro fisico, facendo intervenire le forze dell’ordine e provocando feriti e danneggiamenti. L’Amministrazione minimizza, denunciando la scarsità di uomini e mezzi e l’inefficacia delle norme repressive [cfr. dichiarazioni del sindaco Ceffa su l’informatore del 21 novembre]. Ma quello che la destra non vuole capire è che l’approccio meramente securitario, che pensa solo alla repressione quando si verifica qualche episodio di particolare gravità, non funziona. O, almeno, non è sufficiente. Intanto perché procede a spot e mette in campo interventi sporadici e di pura demagogia (come la sfilata di macchine della polizia la domenica mattina in piazza ducale e la totale mancanza di presidio nelle ore serali, anche durante la settimana). Da qui la percezione di insicurezza che molti cittadini denunciano. In secondo luogo perché non vede che il tema è di grande complessità, ha a che fare con il disagio che molti giovani vivono da tempo e che la pandemia ha solo accelerato. Gli studi mettono in evidenza un fenomeno sfaccettato, che trae alimento da vari fattori: crisi della famiglia e delle agenzie educative tradizionali, infodemia a cui gli adolescenti sono abituati ma che non hanno gli strumenti per gestire correttamente (come la maggior parte degli adulti, del resto), rarefazione dei rapporti sociali, abbandono scolastico e povertà educativa.

Venendo alla realtà vigevanese, più volte i consiglieri comunali Alessio Bertucci, Arianna Spissu e il neo-consigliere Marco Vassori hanno richiamato l’attenzione sul tema, chiedendo alla maggioranza di convocare la preposta commissione  consiliare, chiamare degli esperti e studiare interventi che diano risposte al malessere e al vuoto che caratterizza la giornata di molti ragazzi. Marco Vassori, educatore professionale, in una recente intervista ha chiesto di “discutere della mancanza in città di centri di aggregazione giovanile, andando oltre la politica del pugno di ferro, che non è risolutiva. Bisogna guardare ai bisogni degli adolescenti – è ancora l’opinione di Vassori – e renderli maggiormente protagonisti delle scelte che li riguardano”. 

Anche la questione dei minori stranieri è un tema caldo, a cui non si può rispondere semplicemente di mandarli a casa loro, innanzitutto perché, date le norme vigenti, non è possibile; secondariamente perché fenomeni epocali come l’emigrazione non possono essere liquidati con batture da bar. La totale mancanza di politiche di integrazione, da parte delle Amministrazioni di centro-destra e destra negli ultimi 25 anni, ha generato una situazione potenzialmente esplosiva, fatta di competenza linguistica carente, insuccesso scolastico, marginalità sociale, rischio devianza.

Esistono buone prassi, attuate da Comuni virtuosi in rete con associazioni del terzo settore, per tentare di coinvolgere i giovani, dando nel contempo risposte agli adulti. Serve anche a Vigevano una nuova guida politico-amministrativa, che il PD si candida a incarnare, in grado di mettere in campo una visione più democratica, aperta, inclusiva.

Elena Gorini

LA MAGGIORANZA METTE UNA “PIETRA TOMBALE” SULLA MOZIONE TIGLI DI VIA ROCCA VECCHIA

21 Novembre: giornata nazionale degli alberi

LA MAGGIORANZA METTE UNA “PIETRA TOMBALE” SULLA MOZIONE TIGLI DI VIA ROCCA VECCHIA

Il 21 novembre si è celebrata in Italia la Giornata Nazionale degli Alberi, un’occasione importante per riflettere sul ruolo fondamentale degli alberi e delle aree verdi nel nostro ambiente e nella nostra vita quotidiana. In molte città e comuni, questa giornata si arricchisce di iniziative di sensibilizzazione, piantumazioni, e attività per ricordare il valore ecologico e culturale del patrimonio arboreo. A Vigevano un gruppo di cittadini, associazioni ambientaliste e partiti politici, tra cui il Partito Democratico, si sono mobilitati contro la decisione di abbattere i tigli storici di Via Rocca Vecchia, una fila di alberi che da decenni caratterizza una delle vie più frequentate e amate della città. La decisione è legata a un progetto di riqualificazione stradale che prevede l’eliminazione degli alberi per agevolare il rifacimento del manto dell’ex Mercato coperto.
L’argomento è stato dibattuto in consiglio comunale dove si sono scontrate due opposte visioni del centro città: per l’opposizione la necessità di tutelare il patrimonio costituito dagli alberi, cercando una soluzione alternativa che comprenda anche piazza Sant’Ambrogio, attualmente utilizzata come parcheggio a cento metri da Piazza Ducale; per la maggioranza una decisione imposta dalla necessità di salvaguardare la sicurezza dell’area, visto che i lavori per il rifacimento della soletta andrebbero a compromettere la stabilità degli arbusti. La querelle si trascina da un paio di mesi, quando circa 3 mila cittadini si sono mobilitati firmando una petizione per chiedere la tutela del verde urbano e il diritto della comunità a partecipare ai processi decisionali che riguardano la loro città. Da quel momento è iniziato un iter che ha visto l’Amministrazione assumere atteggiamenti ondivaghi, ora più possibilisti, con aperture di dialogo, ora più rigidi, nel sostenere l’assoluta necessità di precedere al taglio, come certificato dall’ultima perizia agronomica affidata allo studio di Merate Larix Italia. Nell’ultimo Consiglio Comunale il capogruppo della Lega Marco Cividati ha concluso il suo intervento parlando di «pietra tombale sulla mozione e su quanto detto fino ad oggi». Non è però dello stesso parere il presidente della Consulta Ambientale, Massimo Gallina, che afferma: “Secondo la perizia i tigli non sono da abbattere, ma solo da sorvegliare con verifiche di stabilità ogni 2-3 anni”, quindi l’idea è mantenere i tigli come sono e prestare attenzione in corso d’opera. Molte critiche e perplessità sono nate anche dall’iter seguito dal Comune in tutta questa vicenda, che avrebbe dovuto partire da una perizia tecnica su cui fare delle valutazioni, mentre questa è arrivata solo in una seconda fase, dietro alle richieste e sollecitazioni delle opposizioni e della Consulta. C’è poi la questione della sostituzione degli alberi: secondo lo studio della Larix Italia, se verranno abbattuti, i 12 tigli storici dovrebbero essere sostituiti con altrettanti di diametro di 25-30 centimetri, che richiedono attorno un’aiuola adeguata all’apparato radicale e pertanto la eliminazione degli stalli di parcheggio di via Rocca Vecchia. C’è poi la questione della copertura finanziaria, che al momento è parziale, con il rischio di iniziare i lavori e lasciarli in sospeso in attesa di ulteriori fondi. Un déja vu.

                        Elena Gorini

DISTRETTO INDUSTRIALE DI VIGEVANO, OMBRE E LUCI

DI ELENA GORINI

DISTRETTO INDUSTRIALE DI VIGEVANO, OMBRE E LUCI

Ragioni della crisi ma anche opportunità da cogliere

Nel terzo appuntamento ai Piccolini si è parlato di lavoro ed economia.

L’argomento all’ordine del giorno del terzo incontro organizzato dal PD regionale, che si è svolto all’area feste dei Piccolini il 29 luglio scorso, è stato “Lavoro e distretti produttivi: il nodo del territorio di Vigevano”. La prima a intervenire è stata la consigliera comunale del M5S Silvia Baldina, che ha sottolineato come la crisi del calzaturiero venga da lontano e gli imprenditori non abbiano saputo cogliere i mutamenti del mercato internazionale; neppure la classe dirigente di destra, che governa la città e la regione da anni, ha saputo portare gli opportuni supporti a un settore in crisi. Se Vigevano vuole guardare avanti deve puntare sulle nuove tecnologie, sul green job – è sempre il parere di Baldina -, e trovare il modo di agganciarsi a Milano per poter accedere a investimenti pubblici e privati.

È poi intervenuto il consigliere regionale PD Simone Negri, che ha trattato il tema delle infrastrutture, la cui carenza pesa come un macigno sullo sviluppo del territorio. Negri ha affermato che la provincia di Pavia da almeno due decenni manca di una visione e che fatica a prendere coscienza di quale sia la sua vocazione. Anche lui ha sottolineato l’importanza di entrare nel circuito milanese e, paradossalmente, la mancanza di trasporti pubblici efficienti ha allontanato Vigevano dal capoluogo lombardo mentre altre aree competitive con Vigevano per la filiera calzaturiera si sono avvicinate grazie agli investimenti infrastrutturali. Esempio significativo: Parabiago. L’area vigevanese e lomellina viene sistematicamente sacrificata dalle scelte di Regione Lombardia guidata da decenni dalla destra: i dati lo dimostrano. Facendo confronti con altri territori, si vede che RFI ha quadruplicato i fondi per la linea Rho-Gallarate, mentre per il Sud Ovest Milano e la Lomellina erano previsti soltanto 120 milioni di euro del PNRR per raddoppiare i 5 km della tratta Albairate-Abbiategrasso. Poi si è saputo che questo finanziamento è stato perso perché la progettazione è andata troppo per le lunghe e per l’esplosione dei costi (oggi ci vorrebbero 280 milioni di euro per il raddoppio) ma Vigevano sarebbe stata comunque esclusa. Il piano commerciale di RFI prevede che se ne riparli dal 2028 in avanti. “È possibile – si è domandato il consigliere PD – che su 23 miliardi di euro di investimenti PNRR sulla rete ferroviaria regionale solo 120 milioni fossero previsti per questa linea, che è tra le più carenti d’Italia ma anche tra le più strategiche?”. Una chance per il potenziamento della linea Milano-Mortara potrebbe venire dalla costruzione della linea metropolitana M4, che avrà come primo interscambio San Cristoforo, hub dell’area Sud di Milano. Ai Vigevanesi per raggiungere quella stazione bastano 20 minuti e questo potrebbe significare entrare nel sistema Milano.

Negri ha rilevato altri dati economici interessanti: tra i settori in crisi a livello regionale abbiamo il calzaturiero, il tessile e l’abbigliamento, ma la Lomellina registra anche una flessione del 5% nei trasporti e logistica, dato in controtendenza rispetto alle altre province, e del 7% nel settore ristorazione-alberghiero e turismo. Quest’ultimo aspetto non è da sottovalutare – secondo il parere di Negri – perché Vigevano e il suo comprensorio vantano bellezze storiche, culturali e naturalistichedi tutto rispetto ma non esistono circuiti che permettano al turista che visita Milano di arrivare facilmente a Vigevano. Si tratta sia di una questione infrastrutturale che di mancanza di politiche per la promozione del territorio. Un altro tema sul tavolo è la dimensione delle imprese: il 60% ha un fatturato al di sotto dei due milioni di euro all’anno, sono cioè micro imprese. Questo è un fattore di fragilità, superabile soltanto attraverso il fare rete, creare marchi territoriali e infrastrutture digitali, sempre nell’ottica di entrare nel circuito milanese. Altro aspetto interessante è che Vigevano potrebbe costituire una alternativa residenziale credibile per coloro che risiedono a Milano e che non riescono a far fronte agli affitti troppo elevati. Inoltre, la provincia di Pavia è la più anziana della Lombardia (età media 47,7 anni) e Vigevano non fa eccezione: sarebbe importante riuscire ad attirare giovani professionisti con una nuova cultura imprenditoriale, capaci di utilizzare tutte le potenzialità delle nuove tecnologie. In conclusione, la costruzione di infrastrutture materiali e digitali avrebbe un eccezionale effetto moltiplicatore e un enorme impatto sulla vita socio-economica, culturale e demografica della città. “Perché non si fa? – ha concluso il consigliere – Cosa dicono i rappresentanti pavesi in consiglio e in giunta regionale?”.

In seconda battuta è intervenuto il segretario provinciale della Cgil Fabio Catalano sul tema del mercato del lavoro in Lomellina. “È mancato in provincia – ha esordito – un governo della cosa pubblica che sapesse orientare le scelte rispetto ad alcune filiere. Scelte che non possono essere compiute dal privato”.  In provincia si pone il tema della attrattività degli investimenti e dei lavoratori ma le condizioni di questi ultimi sono negative. Da due anni il mercato del lavoro è molto precarizzato: l’80% dei nuovi avviamenti avviene con contratti di lavoro precario. Lavoro precario significa retribuzione più basse che nel resto della regione. Sullo sfondo c’è il tema di quale sia il modello del fare impresa. Purtroppo conosciamo tutti i casi di aziende come Moreschi o Fiscatec. “Quale può essere il ruolo dell’amministrazione comunale – si è domandato Catalano – per intervenire su situazioni di questo tipo? Penso che sia riduttivo che un sindaco si appelli al libero mercato. Servono invece politiche attive per rendere un territorio attrattivo”.

Come già accennato, un altro aspetto è l’invecchiamento della popolazione, che richiede di mettere in campo un sistema di welfare che dia risposte ai bisogni dei cittadini e crei occupazione. Così come si può pensare a servizi per la conciliazione vita-lavoro e a servizi educativi (la provincia ha il primato della povertà educativa e dell’abbandono scolastico). In conclusione, per il segretario CGIL “è mancata una visione complessiva di modello di sviluppo territoriale”. 

SANITÀ MALATA

DI ELENA GORINI

Mancanza di personale, liste d’attesa infinite, perdita di risorse: ecco la situazione in Lombardia

Il secondo appuntamento della tre giorni democratica si è svolto il 28 luglio scorso. Si è dibattuto il tema del sistema sanitario in Regione Lombardia. In apertura la senatrice Simona Malpezzi ha illustrato il decreto sanità recentemente approvato dal governo Meloni. “È stata una misura elettoralistica – ha sostenuto -, approvata a quattro giorni dalle europee; è un provvedimento vuoto perché, per esempio sulle liste d’attesa, non mette risorse. . L’unica novità è l’interoperabilità tra le piattaforme regionali che gestiscono le liste”.
La norma prevede l’aumento delle ore di lavoro dei medici e la detassazione degli straordinari. Ma come si può immaginare che i medici possano lavorare oltre il loro orario contrattuale, di sabato, domenica e di sera, considerando che sono già sotto-organico e che soprattutto le infermiere sono in buona parte donne, che a casa normalmente hanno anche un lavoro di cura da svolgere? Questa è la domanda che si è fatta Malpezzi, sostenendo che la misura è esclusivamente “propagandistica”. Come fare per rendere il provvedimento efficace? Il Pd chiede da tempo di portare la spesa al 7,5% del PIL affinché le risorse siano adeguate a una gestione universalistica della sanità. A questo proposito la senatrice ha affermato di “avere un approccio laico al tema del rapporto sanità pubblica-privata: se il sistema integrato funziona a vantaggio dei cittadini va bene, se va a nocimento dei cittadini più fragili non è accettabile perché in contrasto con il dettato costituzionale”.

Il tema del rapporto tra pubblico e privato è stato ripreso dalla consigliera regionale Roberta Vallacchi, che ha affermato che la giunta ha stanziato 61 milioni di euro per ridurre le liste d’attesa e aumentare gli esami nel fine settimana, il problema però è che mancano personale e attrezzature. La legge Fontana-Moratti ha confermato le scelte che erano state fatte dalla legge Maroni, nonostante il covid ne abbia messo in evidenza tutti i limiti. Il primo aspetto da mettere in evidenza è che il pubblico dovrebbe programmare le prestazioni da acquistare dal privato, che diventa fornitore di servizi, in base alle proprie necessità. Invece in questo sistema è il privato convenzionato che decide quali prestazioni mettere a disposizione del pubblico. Ovviamente, il privato sceglie gli interventi più remunerativi, con maggior margine di guadagno e minor rischio, lasciando al pubblico le prestazioni più costose o a rischio, come il pronto soccorso. Prendiamo l’esempio di esami diagnostici o di interventi chirurgici: il loro costo è molto elevato e spesso nel pubblico i tempi di attesa sono lunghissimi. Sempre più persone non se li possono permettere e rinunciano a curarsi. Che cosa propone il Pd? “Bisogna cambiare il rapporto pubblico-privato – afferma Vallacchi – nel senso che il pubblico deve programmare ciò che acquista e porre regole rigorose”. Un altro tema correlato è quello dei trasporti: con la chiusura di molti ospedali i pazienti sono costretti ad uscire dai loro territori per fare visite in altri presidi ma questo comporta la necessità di farsi trasportare dai familiari o trovare altre modalità. C’è poi la questione del Cup unico, che dovrebbe poter vedere le disponibilità di posti sia nel pubblico che nel privato convenzionato ma quest’ultimo non ha interesse a mettere a disposizione le proprie agende. Questo è un problema risolvibile ponendolo come requisito per la stipula dei contratti. L’assessore regionale Bertolaso l’ha promesso più volte ma sempre rinviato.

La delegata della CGIL Patrizia Sturini ha messo in evidenza come nell’ospedale di Vigevano alcune prestazioni siano previste solo per i pazienti interni per mancanza di personale. Molti medici vanno all’estero in cerca di condizioni lavorative migliori. In provincia ci sono stati casi eclatanti, come l’ospedale di Varzi da cui se ne sono andati sette radiologi molto apprezzati, portandosi dietro i loro pazienti.“È in atto – ha detto la sindacalista – un disegno per depotenziare il pubblico, mentre occorrerebbe riorganizzare il sistema rivedendo orari di lavoro e modalità organizzative”.

Il dottor Luca Bellazzi, medico di base e consigliere comunale, ha messo in evidenza una serie di storture del sistema, come il peso della burocrazia, gli inutili doppioni nella somministrazione degli esami, la necessità di fare educazione sanitaria alla popolazione e il bisogno dei medici di base di essere ascoltati dai vertici di ASST, superando la scollatura esistente.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

AUTONOMIA DIFFERENZIATA E PREMIERATO, LA CHINA DELLA DESTRA

DI ELENA GORINI

La segretaria regionale Silvia Roggiani ha parlato delle scelte scellerate del governo Meloni

La tre giorni che ha inaugurato le feste democratiche a livello regionale si è tenuta nell’area feste di via Gravellona nei giorni 27-28 29 luglio. Ad aprire le danze è toccato alla segretaria regionale Silvia Roggiani e al neo-eletto sindaco di Pavia Michele Lissia. Il tema, di grande attualità, sono state le riforme istituzionali che il governo Meloni intende introdurre. L’approvazione dell’autonomia differenziata non richiede una legge costituzionale, pur andando a modificare gli assetti di fondo dell’organizzazione statale, e pertanto è passata con legge ordinaria, pubblicata sulla G.U. il 26 giugno scorso. Discorso diverso per la legge sul premierato, che dovrà seguire un iter parlamentare più lungo e complesso, che prevede per l’approvazione la maggioranza qualificata. Nel frattempo è iniziata la raccolta firme per promuovere il referendum abrogativo della legge sull’autonomia, raccolta che è già arrivata (nel momento in cui scriviamo) a oltre 500 mila firme ma gli organizzatori mirano a raggiungere il milione.
La legge sull’autonomia consiste nel trasferimento, su richiesta, alle Regioni di parte delle competenze che oggi spettano all’Amministrazione centrale. Alcune di esse (Lombardia, Veneto, Piemonte, Liguria), amministrate dalla destra, hanno già richiesto di poter legiferare su alcune materie, che sono in totale 26. La critica che viene mossa dalle opposizioni, tra cui il PD in primo piano, è che questa riforma è pericolosa perché mina la coesione nazionale e approfondisce le disuguaglianze territoriali.
“La stagione dell’autonomia – ha sottolineato Roggiani – fu aperta dal PD ma con alcune differenze di fondo rispetto al testo di Calderoli: in primo luogo la legge voluta da Bonaccini in Emilia Romagna riguardava solo 5 materie e inoltre aveva al centro lo snellimento della burocrazia con la legge Bassanini. L’attuale norma prevede il passaggio di competenza in materia di relazioni internazionali e commercio con l’estero, temi su cui dovrebbe legiferare non l’Italia ma l’Europa. È pensabile poi un sistema in cui ci sono venti diverse politiche energetiche?”.
E poi c’è la questione dei LEP, i livelli essenziali delle prestazioni e dei servizi che devono essere garantiti in modo uniforme sull’intero territorio nazionale. “La legge – prosegue Roggiani – prevede che questo meccanismo scatti solo nel 2026 ma non accadrà nulla perché non ci sono i soldi per finanziare questo meccanismo di perequazione. Il pericolo, se andasse in porto, sarebbe di una legge spacca Italia, che penalizzerebbe non solo il Sud ma il paese intero”. La segretaria riconosce la necessità di mantenere la competenza di Comuni e Province  dove le questioni sono locali ma in certe materie di carattere sovraregionale, come energia, scuola, sanità, trasporti, è essenziale mantenere un approccio nazionale.

ADELMO CERVI: “FACCIAMO DELLA COSTITUZIONE LA NOSTRA BANDIERA”

DI ELENA GORINI

L’80enne figlio di Aldo Cervi ha presentato il suo libro ai Piccolini in occasione della pastasciutta antifascista

Con una energia vitale da fare invidia a un ragazzino e forte Adelmo Cervidelle sue idee, senza peli sulla lingua, Adelmo Cervi ha presentato il suo libro “I miei sette padri” all’area festa Piccolini il 23 luglio scorso, giorno della pastasciutta antifascista. Dopo i saluti del vice presidente di ANPI provinciale, Antonio Corbeletti, e del segretario provinciale della CGIL Fabio Catalano Puma, che hanno invitato ad attualizzare la lotta a difesa dei valori costituzionali firmando per il referendum contro l’autonomia differenziata e il premierato (era stato allestito un gazebo per la raccolta delle firme), è stata la volta di Adelmo. Che ha esordito sottolineando che quella dei Cervi non era una “banda”, come fu chiamata, ma una “brigata internazionale”, composta da prigionieri di varie nazionalità, primo gruppo partigiano a essersi formato sull’Appennino emiliano.  Adelmo ha poi illustrato il profilo di suo padre e della sua famiglia, a cominciare dal nonno Alcide, contadino mezzadro, fervente cattolico, come cattolico era suo padre Aldo, responsabile della sezione giovanile di Azione Cattolica del paese di Campegine. Nel 1929, durante il servizio militare, a causa di una sentenza ingiusta, finì per tre anni nel carcere militare di Gaeta, che divenne per lui “università politica e di vita”. Al ritorno la madre Genoeffa non lo riconosceva più, si era voltato – come soleva dire, era diventato comunista e antifascista militante: partecipò alla Resistenza, si adoperò per l’istruzione del popolo dando vita con altri alla biblioteca clandestina, la sua casa divenne rifugio per fuggiaschi e resistenti. Il 25 novembre 1943 la casa colonica dei Cervi fu circondato dai repubblichini e, dopo un breve scontro a fuI miei sette padri”, Adelmo Cervi e la storia dei sette fratelli torturati e fucilati -oco e dopo che le stalle e i fienili furono dati alle fiamme, i sette fratelli furono arrestati e fucilati il 28 dicembre successivo. Leggendo il prologo del libro, Adelmo ha ricordato che il mito si è portato via mio padre… e mi ha lasciato in cambio una lapide … un monumento … una statua a sette teste … sette medaglie. Vie e piazze intitolate ai fratelli Cervi mentre in verità erano uomini in carne e ossa, ognuno con la propria personalità, combattenti contro un despota quando molti accettavano di essere sottomessi. Forse non tutti determinati come il padre Aldo nella lotta, ma nessuno si tirò indietro nel momento estremo.

La lezione di Aldo e dei fratelli Cervi ha ancora senso oggi: Aldo era un Che Guevara – ha affermato Adelmo – , uno che voleva cambiare il mondo ribellandosi a ingiustizie e falsità. Oggi non dobbiamo perderci in piagnistei e lamentele, dobbiamo lavorare sodo per tradurre in pratica quei valori costituzionali che non sono ancora stati realizzati. Siamo noi che facciamo la storia, che decidiamo quali idee portare avanti per contrastare la china che questo governo sta dando al Paese. Facciamo della Costituzione la nostra bandiera e uniamoci in nome dei valori fondamentali in cui crediamo.

Il nostro territorio ha il primato dei contratti a tempo determinato. LOMELLINA, PROFONDO NORD Riportiamo l’intervento del segretario della CGIL Fabio Catalano Puma in occasione della visita a Vigevano di Cecilia Strada.

Le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori nel nostro territorio sono notevolmente peggiorate negli ultimi vent’anni a causa della modifica del tessuto economico e produttivo della provincia e di una serie di modifiche normative che sono state compiute relativamente al mercato del lavoro. In provincia di Pavia l’80% dei nuovi contratti stipulati è con tipologie precarie (tempo determinato, somministrazione lavoro, ecc.) in Lomellina la situazione è ancora peggiore perché siamo all’85%. Il tema della precarietà riguarda il mercato del lavoro nel nostro Paese e le risposte che sono state date da questo governo vanno nel senso opposto rispetto alla necessità di trovare soluzioni. Il primo provvedimento è stato la reintroduzione dei voucher, che ci hanno riportato a una maggiore precarizzazione; il secondo provvedimento, in vigore dal primo maggio dell’anno scorso, è l’innalzamento della soglia di utilizzo dei voucher a 15.000 euro e la liberazione dell’utilizzo dei contratti a tempo determinato.
Il tema della precarietà è strettamente connesso a un altro aspetto della condizione del lavoro, ovvero quello della retribuzione. Si forma un circolo vizioso per cui più sei precario, più hai contratti a tempo determinato, più hai un lavoro discontinuo e più questi fattori incidono sul tuo livello salariale.
Questo si collega al problema della povertà, con oltre 5 milioni di persone su tutto il territorio nazionale in povertà assoluta.
Il problema salariale è anche determinato dalle scelte che sono state fatte negli ultimi due anni dal Governo Meloni. È sempre accaduto che lo Stato, in quanto datore di lavoro, rinnovasse i contratti nel settore pubblico creando un effetto traino per quelli da rinnovare nel settore privato. Questo governo ha messo invece delle risorse assolutamente insufficienti per poter rinnovare il contratto collettivo nazionale dei dipendenti pubblici. La seconda questione riguarda l’inserimento nel mercato del lavoro e anche qui si devono rimarcare delle situazioni di particolare fragilità. Questo riguarda per esempio il lavoro delle donne: la provincia di Pavia ha il primato negativo per la qualità dell’occupazione femminile caratterizzata da forte precarietà, discontinuità lavorativa e dal fenomeno dei part time involontari (soprattutto in alcuni settori, settore terziario) e ha anche un secondo record di segno negativo, la presenza di NEET, quei giovani che non studiano, non lavorano e non cercano un’occupazione.
Di fronte alle trasformazioni che sono già in corso e a quelle che si verificheranno nei prossimi anni, come la transizione energetica e digitale e l’intelligenza artificiale, occorrono misure per ridurre e contrastare gli effetti negativi sull’occupazione e sulle condizioni dei lavoratori.
Il ruolo di governo dell’Europa rispetto a queste trasformazioni è fondamentale, mentre nel nostro Paese si pensa di poter governare questi processi neanche con una visione nazionale ma con una visione regionale attraverso il progetto dell’autonomia differenziata. È necessario invece costruire un meccanismo comune di tutela della disoccupazione a livello europeo e di sostegno alle varie transizioni. Sotto questo punto di vista la formazione continua per tutte e tutti è fondamentale per costruire quelle competenze che serviranno per le professioni del futuro.
In conclusione, questi temi hanno a che fare anche con la visione di Europa, promuovendo una riforma delle istituzioni europee per garantire un’UE più sociale e democratica, che metta al centro i bisogni delle cittadine e cittadini europei a partire dal lavoro.
Elena Gorini

 

Tari e multe non riscosse – conferenza stampa dei nostri consiglieri

Negli ultimi cinque anni, il comune ha accumulato un’evasione di 21 milioni di euro tra multe e Tari, secondo quanto denunciato dai consiglieri comunali del partito democratico Arianna Spissu, Alessio Bertucci e Marco Vassori. Analizzando i dati degli insoluti dal 2018 al 2023, emerge infatti che il comune non ha incassato somme significative derivanti da sanzioni amministrative e tributi locali. I consiglieri del PD di Vigevano, Arianna Spissu, Alessio Bertucci e Marco Vassori, chiedono ora un’azione decisa contro i “furbetti”. Circa il 50% delle multe non viene pagato, ammontando a circa 10 milioni di euro, mentre l’evasione della Tari si attesta intorno al 19%, pari a circa 1,5-2 milioni di euro all’anno. Molti sindaci del centrosinistra in altri comuni italiani affrontano problemi simili e hanno intrapreso battaglie significative per combattere l’evasione e recuperare fondi da reinvestire sul territorio. Per questo motivo il gruppo consigliare PD di Vigevano intende presentare un’interrogazione in consiglio comunale per chiedere se l’amministrazione sia consapevole di questa evasione e quali misure intenda adottare per recuperare gli insoluti e individuare chi non paga la Tari, le multe e altri tributi. Un altro punto importante: con questi fondi, una volta recuperati, sarebbe possibile erogare gratuitamente servizi come mense o nidi, andando a portare beneficio ai cittadini.

Il canile dimenticato – intervento di Arianna Spissu

La situazione del canile è arrivata al limite: quante volte l’abbiamo segnalato, sentendoci sempre rispondere che sarebbe arrivato il canile nuovo? Il progetto era stato presentato in pompa magna in Consiglio Comunale nel 2019. Applausi e approvazione unanime: e poi? Dimenticato. Hanno stanziato soldi ogni anno, spostandoli sempre sull’anno successivo e poi non li abbiamo più visti. Dimenticato lo stanziamento, dimenticato il progetto, dimenticati cani, dipendenti e volontari del canile. A un certo punto, io e la consigliera Baldina ci siamo arrese all’evidenza e abbiamo chiesto ALMENO di sistemare la struttura esistente, se proprio questi soldi per il canile nuovo non si trovavano da nessuna parte. E allora sono ricominciate le promesse, sempre disattese. Ora che siamo arrivati al limite, però, deve essere la città a muoversi e a chiedere a gran voce che le promesse vengano mantenute. Una società civile e umana si misura anche da queste cose, da come si prende cura degli animali a lei affidati e da come investe per il loro benessere. Sono tante le urgenze a Vigevano e lo sappiamo, ma questa poteva non esserlo ed essere invece gestita negli anni senza arrivare al disastro.